06 febbraio 2009

QUALE FUTURO?



Ieri ero davvero stanca e prostrata.
Era come se sentissi tutto il peso del mondo addosso.
Oggi non va meglio ma almeno ho la forza di raccogliere energie e parole per raccontare la disperazione che soffoca il mio di solito incrollabile ottimismo.
Nei volti per strada vedo quella rabbia stampata che si traduce in occhiate avvelenate, gesti sgarbati e tirate a freddo di frizione. Tutti sono rancorosi e scelgono la via più semplice e devastante che è la soluzione del nemico comune da combattere: lo straniero.
E dirò di più: l'altro in generale.
Quindi propongo oggi questa foto che, fin dalla prima volta che ho sfiorato con lo sguardo quel muro in mattoncini rossastri vergato con vernice nera, mi ha fatto accapponare la pelle e mi ha aperto gli occhi sul comune sentire.

Io sono una donna fortunata e sono stata, mi sembra di capire ora, un'adolescente privilegiata.
Sono cresciuta senza padre e senza una famiglia alle spalle, ho conosciuto fin da piccola le difficoltà economiche e l'arte di non desiderare per non restare delusa. Ho imparato il rigore e la rinuncia ma anche il sapore gustoso della conquista delle piccole cose.
Malgrado questo ho vissuto in una città meravigliosa avendo il privilegio di sedere nei posti di prima fila, anche se da spettatrice con il biglietto omaggio: sono nata e vissuta fino a 10 anni nei pressi del Colosseo e lì sono rimasta fino alle superiori per via della scuola che frequentavo, mi sono trasferita poco lontano a San Giovanni per altri 15 anni. Questo, credo, ha fatto una certa differenza perchè avevo il mondo in tasca con la mia tessera dell'autobus intera rete.
Poi ho sempre nutrito una curiosità famelica.
Mi muovevo in un'interessante geografia di umanità varia: la scuola, la pallacanestro, la parrocchia, la musica ma anche il muretto delle comitive, Colle Oppio o la piazzetta dei tossici.
Gli africani che salivano in Italia per vendere le collanine li salutavo sulle scale di casa o per le strade dell'Esquilino già 30 anni fa. Il fumo, le canne le "pere" e tutto il resto erano parte della quotidianità di amici e conoscenti ed io non ne ero nè inorridita nè attratta. Non mi interessavano perchè conoscevo conseguenze e rischi. Non mi allontanavo da chi ne era schiavo fino a quando i loro casini non rischiavano di inquinare la mia vita.
Ho avuto un fidanzato fin da quando avevo 14 anni, ho sperimentato la vita e l'altro sesso con spontaneità e senza traumi, imbarazzi, ma nemmeno negazioni o tabù.
Ho viaggiato risparmiando, non mi sono risparmiata nei viaggi.
Ad un certo punto mi sono fermata con una persona che ho riconosciuto tra mille che mi ha regalato due figli e una splendida serenità.
Non mi sembra poi una vita così straordinaria.
Eppure, a quanto pare, sono stata davvero fortunata.
Non ho avuto amori irrispettosi, amici arroganti, compagni di scuola violenti, cattivi maestri , colleghi molestatori o pessimi genitori.
Ho saputo badare a me stessa ma non ho mai dovuto difendermi da aggressioni infami.
Ho professato le mie idee e nessuno mi ha arrestato o sparato un colpo per questo.
E a me sembra del tutto normale.
Sarà così per i miei figli?
Potranno crescere rispettando ed essendo rispettati?
Potranno vivere senza prevalicare od essere sopraffatti?
Avranno la possibilià di esprimere un'idea o anche solo farsene una?
Potranno scegliere un'alternativa tra vittima e carnefice.
Io sono arrivata a desiderare per loro semplicemente la normalità, una vita comune e dignitosa come quella mia, di mio marito, dei nostri genitori.
Le città stanno diventando orribili e disumane.
E la tentazione di fuggirne via è forte.
Ma non sarebbe giusto. E' una città come Roma che mia madre ha scelto con me in grembo per darmi una possibilità in più.
Ma il "cattivismo" dei Maroni, l'assenza dei Veltroni, la presuntuosa ingerenza delle gerarchie clericali, la colpevole superficialità degli sgherri di Berlusconi, il sonno della ragione dei Capezzone e il sorriso violento degli Alemanno e dei Gasparri mi atterisce.
Consegnano la tanica di benzina in mano ai piromani per ignoranza o peggio per calcolo elettorale.
Noi non viviamo in un paese sano ma in una penisola allo stadio terminale di una malattia praticamente incurabile.
E ci tiene in vita il respiratore artificiale dell'Europa e dalla Costituzione.
La flebo sta esaurendosi e il tubicino è in pessime condizioni di conservazione.
Ci terrà in vita un decreto ministeriale dell'ultimo minuto?
Io, da inguaribile ma barcollante ottimista, confido ancora nei progressi della scienza.
E soprattutto della ragione